lunedì 28 marzo 2011

La drammatica storia di Carlie Brucia



Nel 2004, forse qualcuno se lo ricorderà, fummo angosciati per un episodio che avvenne in America: una ragazzina venne rapita in un parcheggio. Ma perché un evento così lontano, un fatto tutto sommato all'ordine del giorno,  fece tanta eco fino a giungere alle nostre latitudini? ogni anno negli Stati Uniti 5.000 bambini vengono sequestrati da uno sconosciuto maniaco sessuale: 300 muoiono uccisi. Cosa aveva dunque di speciale questo caso rispetto ad altri?

Sarasota – Florida.



Domenica, 1 febbraio 2004, alle ore 18:00, Carlie, undici anni, telefona alla madre per avvisarla che sta per rincasare. Era stata a un pigiama party dalla sua amica Danielle Arnold. Si sarebbe recata a piedi a casa, anche se avrebbe dovuto percorrere un chilometro e mezzo. Comunque, nel giro di venti minuti sarebbe dovuta tornare a casa.

Percorso di Carlie da casa di Danielle alla propria



Le strade erano pressoché deserte perché si stava disputando il Super Bowl, che negli Stati Uniti è l’evento televisivo più seguito dell’anno. Alle 18:30 la madre non vedendola arrivare comincia a preoccuparsi.
I genitori di Carlie,  Susan Schorpen e Joe Brucia, sono divorziati; si sono separati che lei era appena nata. Il padre vive a New York, e Carlie va spesso a trovarlo. Quindi la madre chiede al suo convivente, Steven Kansler, di andare a cercare la figlia. L’uomo innanzitutto tenta di rintracciare Carlie a casa degli Arnold telefonicamente, ma viene a sapere che la ragazzina è uscita da circa mezzora, per cui va in strada nella speranza di incontrarla. Nel frattempo Susan aveva già chiamato il 911 (l’equivalente del nostro 113) per avvisare le autorità. Sperava che sarebbe stata subito messa in moto la macchina dell’Amber Alert.
L’Amber Alert è un programma che coordina mezzi televisivi, la carta stampata, polizia, internet, e che nel giro di pochissimo tempo lancia allarmi per rintracciare bambini scomparsi. Viene subito lanciato un bollettino di urgenze e l’intero apparato si muove per galvanizzare l’opinione pubblica sul caso in questione. In Italia solo la trasmissione “Chi l’ha visto” fa una cosa del genere. Non sarebbe male invece che ogni volta che sparisce un bambino, immediatamente in tutte le città d’Italia venissero affissi manifesti che ne denunciano la scomparsa.
Comunque sia, per Carlie Brucia, l’Amber Alert non scattò. Le autorità dissero a Susan che nessuno aveva assistito al rapimento della figlia, quindi come faceva a dire che qualcuno l’aveva presa? Magari era scappata di casa. Considerate, come abbiamo già accennato, che Carlie, al momento della scomparsa, aveva solo 11 anni!
L’Amber Alert scatta 100 volte l’anno.  Nel 99% dei casi riguarda bambine. Il 50% è vittima di un rapimento a sfondo sessuale. Di questi, tre su quattro vengono uccisi nel giro di tre ore.  Proprio come Sarah Scazzi, proprio come Yara Gambirasio. Non per niente il nome del Programma deriva sia dall’acronimo America's Missing: Broadcasting Emergency Response, sia dal caso di Amber Renee Hagerman, 



una bambina di 9 anni che il 15 gennaio 1996 ad Arlington, nel Texas, venne rapita mentre giocava in un parcheggio. Venne ritrovato 4 giorni dopo, con la gola tagliata. Il suo carnefice l’aveva tenuta in vita per due giorni. Carlie Brucia sarebbe rientrata nella categoria dei soggetti a rischio. Ma per lei l’Amber Alert fu considerato eccessivo.
Il massimo che fecero fu affidarsi ai  bloodhounds. Ve li ricordate vero? Sono i cosiddetti cani molecolari, i veri eroi e protagonisti di tante storie. 


I bloodhounds fiutarono la presenza di Carlie dalla casa degli Arnold fino all’Evie's Car Wash, al 4.735 di Bee Ridge Road. 
Autolavaggio

Si trattava dunque di un autolavaggio. Qui i cani persero la pista. I poliziotti sapevano che l’autolavaggio veniva spesso attraversato a mo’ di scorciatoia. Forse anche Carlie aveva fatto la medesima cosa. Già, ma dove era finita? Notarono una videocamera di sorveglianza sul retro dell’autolavaggio e cercarono di contattare il proprietario. La cosa però non fu possibile fino al giorno dopo. Nel frattempo la loro attenzione si concentrò sul patrigno. Non ci sarebbe stato alcun motivo per sospettarlo dal momento che lui quando Carlie fece la telefonata era in casa con Susan. Però i poliziotti non vollero lasciare nulla di intentato.
Il giorno successivo, il lunedì, di Carlie ancora nessuna traccia. La polizia non trova elementi che possano condurre alla colpevolezza di Steven Kansler. Comunque c’è sempre quella videocamera da visionare ma sarebbe veramente una gran fortuna se avesse veramente ripreso qualcosa.  Così insieme al signor Mike Evanoff, il proprietario dell’Evie's Car Wash, finalmente i poliziotti possono vedere se sul nastro c’è qualcosa. Non hanno nulla in mano tranne le tracce seguite dai cani molecolari. La telecamera non è sempre in funzione. Si accende solo se qualche movimento avviene nel suo raggio. Alle 18:21, sotto gli occhi stupiti degli investigatori, si vede  che la telecamera si è attivata. Inquadra due soggetti, una bambina con jeans e maglietta rossa che viene verso lo spettatore e un uomo sui 30/40 anni, in grigio verde, che va nella direzione opposta. A un certo punto l’uomo devia dalla sua direzione e ferma la ragazzina. Le dice qualcosa in modo brusco, poi la trascina per un braccio uscendo dal campo visivo della videocamera.
I poliziotti si guardano l’un l’altro a bocca aperta: hanno appena assistito al rapimento di Carlie Brucia! Altro che patrigno, altro che scappata di casa! Solo adesso scatta l’Amber Alert. Ma sono passate 18 ore dal rapimento.
Il video viene subito trasmesso da tutte le emittenti dello della nazione, e poi da tutte quelle degli Stati Uniti, fino a fare il giro del mondo. E così che arriva anche in Italia. Io ricordo benissimo questo episodio.
La ripresa di per sé non sembra particolarmente violenta, quasi potrebbe essere scambiato per un padre che va incontro alla figlia e la riprende per qualche cosa. Ma si vede che così non è perché lo sguardo della bambina, fino a che l’uomo non si sposta verso di lei, non incrocia il suo.
Vedere una scena del genere e provare ansia verso la bambina è un sentimento giusto: inevitabile e giusto. Mi preoccupò sapere che fine avesse fatto la piccola Carlie. Mi diede angoscia. Anche se si trattava di un evento lontano. Tale apprensione mi accomunava ai tanti che seguirono il caso. Forse ero anche particolarmente vulnerabile perché da appena tre anni ero diventato padre di una bambina anche io. Non lo so. Ma so che quando vivi in diretta un evento simile speri che alla fine di tutto ci sia un lieto fine, che il bruto vedendosi proiettato su tutte le televisioni del pianeta ci ripensi.

 

La polizia per rintracciare il rapitore chiese aiuto persino alla Nasa la quale ha potenti software in grado di mettere a fuoco le immagini sgranate della videocamera. Si riuscì così a inquadrare dei tatuaggi e una targhetta sulla maglia.
Arrivarono diverse segnalazioni, tre senza alcun dubbio indicarono nel soggetto un certo Joe Smith.
La polizia vede la scheda segnaletica di Joe Smith: 

Joe Smith

si tratta di un pluritossicodipendente con una fedina penale degna del curriculum di un luminare di Harwad. Tuttavia, si tratta di reati legati esclusivamente alla droga. Nulla di natura sessuale. Inoltre, risulta sposato e padre di tre bambine. Sarà veramente lui l’uomo del video?
Lo vanno a trovare. La sua ex moglie, Luz Castrillon, asserisce di non aver veduto quella domenica il marito, bensì il lunedì successivo. Non aveva notato nulla di particolare in lui. Identica versione diedero i coinquilini, i coniugi Pincus. Comunque Smith verrà arrestato per violazione della libertà vigilata. Non avrebbe dovuto andare a trovare l’ex moglie e le sue tre figlie. La polizia è titubante: quell’uomo ha delle bambine alle quali pare volere anche un gran bene.
Jeff Pincus asserisce che quel lunedì Smith era in uno stato quasi di grazia quando era rientrato. Non sembrava affatto che avesse avuto un qualche problema. Il che rendeva gli investigatori ancora più dubbiosi sulla colpevolezza di Smith. Però poi Jeff aggiunse che quella domenica, due ore prima che iniziasse il Super Bowl, aveva prestato la sua buick gialla a Joe. Lui aveva promesso che l’avrebbe riportata entro 15 minuti. In realtà se la tenne fino al lunedì mattina. Lesse sul contachilometri che aveva percorso 362 miglia, ovvero più di 500 chilometri. I poliziotti si guardarono: in un’altra videocamera avevano visto il passaggio di una Buick gialla! Quando andarono a controllare si resero conto che era proprio la macchina di Jeff Pincus.
Smith continuava a negare, nonostante le prove contro di lui. Tutti avevano visto quel filmato, qualcuno era certo che fosse lui, qualcun altro no. Anche sua madre, Patrica Davis, anche suo fratello, avevano visto in tv l’uomo che portava via Carlie dal parcheggio, per questo Patricia chiese a suo figlio: “Dove hai messo la bambina?”.
Smith poteva anche negare l’evidenza, andare contro la Nasa, smentire i suoi conoscenti ma quando rispose alla madre di non sapere nulla della ragazzina, Patricia per tutta risposta ribatté: “Dove hai messo la bambina?”.
Smith poteva ingannare tutti ma non sua madre. Ella non aveva alcun dubbio che l’uomo del video fosse suo figlio. Fu così che Smith confessò il delitto. Ma ebbe un’idea. Siccome sulla soluzione del caso gravavano 50.000 dollari da consegnare a chi avesse dato informazioni risolutive, spinse suo fratello a intascare la ricompensa indicandogli dove era nascosto il corpo di Carlie. Insomma, Joe voleva speculare sulla sua stessa vittima. John fu tentato di seguire questo suggerimento e andò con sua madre nel luogo indicato da Joe: un boschetto di una chiesetta a 3 km dall’autolavaggio. Ma non trovarono nulla.

Scena del crimine


John discusse al telefono con suo fratello del luogo, che si spiegasse meglio. Ma mentre Joe parlava all’improvviso a John venne un’illuminazione: suo fratello era l’unico indiziato del rapimento, non è che per caso monitoravano le sue telefonate? Spaventato si recò alla polizia per indicare il luogo dove era probabilmente sepolta la povera Carlie, raccontando come Joe avesse cercato di guadagnarci persino sopra. Era convinto che così la polizia avrebbe creduto alla sua buona fede quando avesse ascoltato le sue telefonate. Ma i loro telefoni non erano affatto sotto controllo!
Il cadavere di Carlie Brucia venne trovato il 6 febbraio. L’autopsia stabilì che era stata violentata sia in vagina che oralmente. Si era difesa come aveva potuto. Smith la strangolò secondo il metodo della garrotta. Una fine orribile per questa povera bambina. Non si prese neppure la briga di prendere in braccio il corpo per deporlo. Lo trascinò lungo il selciato, la sterpaglia, deturpato il viso della piccola Carlie. Un vero animale. Anzi, una bestia. Carlie probabilmente era morta nel giro di un paio d'ore.
Smith, secondo la migliore tradizione americana venne condannato a morte. Aspetta il suo momento. Generalmente la media per l’esecuzione è di 13 anni. Ne sono passati 7, gliene rimarrebbero altri 5, dopodiché il mondo farà a meno della sua ingombrante presenza. Non sono favorevole alla pena di morte, anzi, la aborro, scriverò un articolo apposta sull’argomento, ma certo non piangerò quando Smith tirerà le cuoia.

Non ho raccontato questa storia solo per ricordare il dramma di Carlie Brucia, il cui ricordo ancora mi commuove, e la cui visione del suo rapimento ancora mi agghiaccia. C’era una lezione da imparare.
Ci sono molte analogie con il caso di Yara Gambirasio: le due bambine avevano quasi la stessa età: Carlie 11 e Yara 13. Sono state rapite verso la medesima ora. Nel caso di Carlie la videocamera di sorveglianza è stata risolutiva: Joe Smith non si era accorto della sua presenza. La videocamera del Cittadella dello Sport di Brembate non deve proprio aver funzionato perché non solo non ha ripreso il rapimento di Yara ma neppure il suo passaggio all’uscita dalla palestra. Infatti, non si sa esattamente l’ora in cui la bambina è stata rapita. Insomma, non si è ripetuto un caso Carlie Brucia perché le videocamere in Italia ne funzionano una su dieci.
I cani molecolari, nella vicenda di Carlie, hanno fiutato giusto: la bambina era stata nel parcheggio. Sono stati questi cani a risolvere indirettamente il caso. Nel caso di Yara i cani sono arrivati nel cantiere. Io ho fiducia in questi cani. Penso che se si sono recati lì qualcosa lì è accaduto.
Smith ha portato Carlie a 3 km di distanza dal luogo del rapimento. 

Percorso dall'autolavaggio alla chiesa
Anche il cantiere si trova a 3 km dalla palestra. 

Percorso dalla palestra al cantiere

Cioè a dire che un rapitore a scopo di libidine non si porta a spasso per decine di chilometri il suo ostaggio. Ha fretta di consumare il suo delitto.
Ma la lezione più importante è la facilità con la quale si può rapire una bambina, la quale terrorizzata non riesce a reagire. Diventa immediatamente succube del suo aggressore. 


Potrebbe essere accaduto qualcosa di simile anche nel caso di Yara. 

Carlie Brucia


2 commenti:

  1. Casualmente ho scoperto questo sito: quello che mi colpisce è la similitudine dei miei sentimenti con quelli dell'autore. Le sue riflessioni mi colpiscono perché sono uguali ai pensieri che ho io. La differenza è che lui è un uomo, molto sensibile, ed io una donna. A tutti fanno orrore questi fatti, ma non tutti fanno le stesse riflessioni. Su una cosa non la penso come lui: io sono favorevole a levare di mezzo con l'esecuzione capitale tutti gli esseri immondi che agiscono e pensano come l'assassino della dolce piccola Carlie.

    Rita Coltellese

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  2. Ti ringrazio per il commento. Però non posso condividere la tua adesione per la pena capitale. Me lo impediscono principi etici, morali, politici, sociali, storici, scientifici. Spero di poterli esporre appena possibile in un post.

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