sabato 27 settembre 2014

DELITTO 1968: seconda parte. IL FIGLIO DELLA NOTTE: capitolo secondo. L’ENFANT PRODIGE.



Se Natalino ha mentito proteggendo l’assassino di sua madre lo possiamo ben definire un enfant prodige. Difatti questo bambino non avrebbe rilevato il vero nome dell’assassino né ai primi soccorritori, né a suo padre, né ai suoi parenti, né ai carabinieri, né ai giudici, né agli insegnanti, né agli istitutori del collegio dove poi è finito. A nessuno. Si è tenuto questo segreto per sé vincendo le resistenze di tutti. 
STEFANO MELE
Il padre di Natalino, abbiamo detto, non può essere stato l’omicida della propria moglie e del suo amante poiché la pistola con la quale avrebbe sparato ha continuato a mietere vittime sino al 1985 uccidendo in tutto 16 persone. L’assassino non ha utilizzato solo la medesima pistola ma anche gli stessi proiettili Winchester calibro. 22 L.R. prodotti prima del 1968. Per cui, se pure Stefano avesse ucciso gli amanti di Signa resterebbe da spiegare come l’arma e le relative cartucce siano poi passate ad un altro soggetto che guarda caso ha continuato a uccidere nelle stesse modalità dell’omicida di Signa. Infatti, il delitto del 1968 è identico agli altri commessi successivamente dal soggetto noto come Mostro di Firenze con la differenza che non ci sono state mutilazioni e pugnalate post mortem. Ma neppure nel 1982 e nel 1983 abbiamo la presenza di arma da punta e taglio. Allora neanche questi delitti sono da attribuire al MdF? Si obietterà che in questo caso l’assassino aveva delle buone ragioni per non utilizzare il coltello: nel 1982 non ha fatto in tempo perché sono arrivati subito delle persone, inoltre la macchina delle vittime era finita ai bordi di una strada trafficata; nel 1983 le vittime erano due maschi di nessun interesse per lui. Si sarebbe sbagliato scambiando uno dei due per una donna. E cosa ci impedisce di pensare che nel 1968 non ci sia stata una ragione che lo ha fatto desistere? Ricordiamoci come era la macchina al momento in cui è stata ritrovata dai carabinieri.

Posizione di Natalino nella macchina al momento dell'assalto (Elaborazione grafica originale dell'Autore)

Cosa possiamo dedure da questa situazione? La cosa più probabile è che l’assassino dopo aver ucciso i due amanti, con molta calma dopo aver manipolato la borsetta della donna, averla spostata, averle strappato con violenza la catenina, si accingeva forse a fare qualcosa sul cadavere di Lo Bianco che era sdraiato sul sedile del passeggero completamente reclinato. Sotto questo sedile erano le ciabattine di Natalino per cui il bambino non poteva arrivarci. Forse il bambino non sapeva neppure che fossero lì. Quindi l’SI (il Soggetto Ignoto) apre lo sportello posteriore sinistro per raggiungere meglio l’uomo. Può darsi che volesse rifilargli delle pugnalate sul collo, per cui gli veniva comodo agire da quello sportello. Oppure aveva altre intenzioni. In ogni caso ecco che come apre lo sportello con suo sbigottimento si ritrova questo bambino che dorme sdraiato sul divanetto posteriore con la testa rivolta verso di lui. A questo punto i piani dell’SI cambiano del tutto. Uccidere bambini non è nelle sue corde, forse lo avrebbe fatto se fosse stato sveglio per non lasciare un testimone. Ma questo bambino dorme, non è un pericolo per lui. Allora, lascia tutto come sta e fugge via lasciando lo sportello aperto e la freccia accesa.  
Adesso ragioniamo sulla possibilità che Natalino abbia mentito e che qualcuno lo avrebbe accompagnato dai De Felice.

NATALINO IL MENTITORE
Se accettiamo questa possibilità ci troviamo di fronte a un ventaglio di scenari e non si sa davvero dove cominciare. Vediamo chi potrebbe essere l’accompagnatore. Consideriamo tutte le possibilità.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore)

Un SE (soggetto estraneo)
Partiamo dall’ultima possibilità, ovvero che l’accompagnatore fosse un soggetto del tutto estraneo all’omicidio, ciò per non lasciare nulla di intentato. In questa ipotesi ovviamente non capiamo perché un SE avrebbe dovuto trasportate Natalino lontano dalla SdC raccomandandogli anche di stare zitto. In ogni caso dovremmo comunque capire se costui avrebbe pure assistito all’omicidio oppure sarebbe giunto a cose fatte. Non solo. Dovremmo anche stabilire se Natalino avrebbe o meno assistito all’omicidio. Ci sembra che uno scenario del genere sia improponibile, nessuno di fronte a un duplice omicidio del quale non è neppure coinvolto si assumerebbe una tale responsabilità con il rischio di venire pure accusato di esserne l’autore.

Un CI (complice ignoto)
Se accettiamo che un CI abbia accompagnato il bambino, dobbiamo ipotizzare che l’omicidio era stato preparato da almeno due individui, uno che uccide e l’altro che si occupa di Natalino. Fare una simile supposizione però ci porta a ritroso per capire chi potevano essere gli interessati e vedere la SdC finale alla luce di questa prospettiva. L’ipotesi più probabile è che il complice potesse essere proprio Stefano Mele. Vediamo i possibili scenari.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore)
Questo primo scenario vedrebbe come banda due o più persone, di conseguenza il delitto è premeditato. Si vuole uccidere proprio questi due. La conseguenza è che tutti i coinvolti devono procurarsi degli alibi. Ora, la polizia verificò gli alibi e l’unico che ne era sprovvisto era Stefano Mele. Vediamo la posizione di Mele in qualità di complice.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore)
Come si vede le conseguenze a ritroso ci inducono a pensare a un progetto criminale di almeno qualche giorno. I cospiratori dunque si sarebbero organizzati per entrare in azione proprio quella sera, ovvero sfruttando la prima occasione nella quale i due amanti si sarebbero certamente appartati. Quello che non si comprende è perché avrebbero agito nonostante la presenza di Natalino. Dobbiamo ipotizzare dunque che i congiurati abbiamo progettato l’omicidio alla presenza del bambino già immaginando di fargli una manipolazione del cervello nel giro di un’oretta, giusto il tempo di portarlo dalla SdC a casa di perfetti sconosciuti. Quindi hanno progettato un duplice omicidio prevedendo già di porre il loro destino nelle mani di un fanciullo di sei anni.  Tutto questo non appare per nulla logico. Come possono gli assassini prevedere che la reazione di un bambino di sei anni sarà perfettamente consona ai loro progetti? Chi mai farebbe una cosa del genere? Qui stiamo parlando di ergastolo. E non penso che nessuno al mondo, nel rischio di una tale prospettiva, farebbe una scommessa del genere giocando le sue carte su una simile variabile.
CASUALITÀ E CAUSALITÀ
Ponendo questi attori sulla SdC vediamo le conseguenze delle loro azioni. Dunque dobbiamo ipotizzare che uno della banda ha impugnato la pistola sparando sulla coppia incurante della presenza del bambino. Quest'ultimo ha assistito oppure no all’omicidio della madre? In ogni caso osserviamo le mosse di costoro. Mettiamoli nella condizione migliore, ovvero che Natalino non ha assistito all’omicidio. Tuttavia la mamma è lì, morta. Questo lo vede. Come si svolge il dialogo fra gli assassini e il bambino? Cosa gli dicono? Proviamo a immaginare. Mettiamoci ancora una volta nella migliore condizione per loro e diciamo che Natalino ha visto solo il padre. Natalino è nella macchina. Stefano lo fa uscire, lo rassicura, gli parla. Ma quali parole magiche usa per calmare il figlio? Mele ha un QI basso eppure riesce a essere persuasivo. Gli raccomanda di dire di essere uscito dal finestrino. Gli fa vedere che è abbassato per metà. Neanche tutto abbassato. Per metà. Come mai non gli suggerisce di dire di aver aperto lo sportello che è la cosa più naturale da credersi? Oppure, non sarebbe stato meglio far trovare del tutto abbassato il finestrino per corroborare la bugia del bambino così da non porre dubbi negli investigatori? Non si sa. Poi non gli mette le scarpe. Se lo carica sulle spalle per circa due chilometri. Si avventurano nel bosco, nel buio. Gli raccomanda di dire ai primi soccorritori che lui è a casa ammalato. A quanto pare questo bambino deve essere molto leggero, perché due chilometri con un peso sulle spalle non è poca cosa. Il ragazzino non sembra avere paura della notte, non pare preoccupato per la sorte della madre, no, ascolta da buono scolaro la lezione paterna. Se la strada era accidentata e Natalino non avrebbe potuta percorrerla a piedi nudi come mai il suo accompagnatore lo fa agevolmente senza mai inciampare e ruzzolare con il ragazzino per terra? Sta camminando in condizione precarie tutto sommato, con un peso sulle spalle, concentrato a ripetere al ragazzino la storiella che dovrà rifilare ai suoi soccorritori. Ma va tutto liscio. Non si capisce in realtà dove lo stia portando. A casa De Felice si accende una luce e lui decide che quella casa va bene. L’una vale l’altra. Lo lascia poche decine di metri prima e lo fa avviare da solo. Natalino si comporta da perfetto scolaretto. Certo il padre ha rischiato perché il ragazzino riesce a suonare il campanello più in basso solo perché si mette sul gradino e a malapena ci riesce. Se tutto questo vi sembra normale allora sono io che non sono normale perché per me niente di tutto questo ha senso. Forse avrò una resistenza mentale molto forte ma proprio non accetto una storia del genere. Mai un assassino si metterebbe nelle mani di un bambino, mai un bambino proteggerebbe l’assassino di sua madre.
Comunque, il finestrino abbassato, la freccia accesa, lo sportello socchiuso sono stati architettati dai congiurati. Hanno curato ogni minimo particolare. Soprattutto hanno previsto che il bambino avrebbe tenuto il segreto per sempre. Certo Natalino dirà che è stato il padre ad accompagnarlo quella sera. Ma Mele non sa neppure come è fatta casa De Felice. Crede che sia una fattoria, una masseria, una casa di campagna. È il giudice Rotella che lo annota nella sua sentenza. Quando nel 1985 lo portano sulla SdC e gli chiedono di rifare il percorso sbaglia tutte le case, e quando si ritrova d fronte al caseggiato di De Felice non lo riconosce. Eppure, osserva Rotella, la casa dal 1968 non è cambiata affatto. Inoltre, sottolinea Rotella, non si spiega come mai Natalino nell’immediatezza del fatto non abbia accusato il padre e due giorni dopo lo fa. Il dubbio del giudice è che Natalino copre qualcun altro… l’assassino.

L’SI (IL SOGGETTO IGNOTO)
Quindi, il marito si accorda con un altro soggetto per uccidere la moglie e il suo amante. Ma così ragionando finiamo nelle ipotesi già prospettate dal giudice Rotella che indagò sulla cosiddetta pista sarda. Il giudice si pone la domanda chi potesse essere il correo di Stefano e perché costui avrebbe dovuto uccidere la moglie. Si dovrebbe escludere quale complice di Stefano un altro amante di Barbara, ovvero molto probabilmente uno dei fratelli Vinci, perché non sembra probabile che per eliminare un amante Stefano si serva di un altro amante. Come dice Rotella in questo caso il complice avrebbe avuto un interesse autonomo in conflitto con quello di Stefano. Né pare probabile che un amante della moglie chieda proprio al marito di eliminarla. E perché questi dovrebbe farlo? Perché dovrebbe sopprimere la moglie per compiacere un suo amante? Che guadagno ne avrebbe lui? Tuttavia, forziamo il ragionamento e consideriamo vera questa possibilità, nasce un altro problema di non poco conto: gli assassini sapevano che Natalino era a bordo della macchina oppure no? Se ipotizziamo Mele come complice certo che lo sapevano. Se il piano è preordinato devono dunque aver già previsto la presenza di Natalino. Tuttavia, se il complice è Stefano non si comprende perché costui piuttosto che mandare il figlio con i due amanti non se lo sia tenuto in casa evitando così uno scomodo testimone. Infatti, in questa ipotesi, le parole di Natalino agli estranei erano funzionali all’alibi dello stesso Mele. Ma se è stato un altro a sparare quale era il ruolo di Stefano sulla SdC? Poteva essere solo quella di manipolare l’unico testimone, ovvero suo figlio. Allora ritorniamo al punto di partenza, perché rischiare e non tenersi Natalino in casa? La complicità del Mele sarebbe stata molto più produttiva ed efficace se fosse rimasto in casa con il figlio. Ricordiamoci che fra i tanti sospettati l’unico a non avere un alibi per le ore dell’omicidio è proprio Stefano. Ma Stefano era a casa ammalato. Nell’ottica però di un suo coinvolgimento nell’omicidio la malattia era un alibi precostituito. Però questo ha senso se vediamo il solo Mele come assassino. Nella veste di complice quale ruolo avrebbe avuto sulla SdC? Nessuno, se non quello di occuparsi del bambino. E ritorniamo al solito punto, tale ruolo lo avrebbe svolto meglio restando a casa con il figlio.

Allora forse l’SI è un perfetto sconosciuto che nulla a che vedere con Stefano Mele. Sarebbe stato costui a portate Natalino dai De Felice. Ma in questa caso sia il comportamento dell’assassino sia quello del bambino arrivano ai limiti dell’assurdo. Poniamo che uno sconosciuto ammazzi i due amanti e poi si accorga del ragazzino. Senza nessuna ragione apparente corre un bel rischio. Prende questo bimbo, se lo mette sulle spalle e strada facendo lo convincerebbe a non parlare usando la lusinga e le minacce. Ma parlare di che se il bambino neppure lo conosce? In ogni caso, deposita Natalino e poi si riavventura nel sentiero del ritorno.
L'SI avrebbe perso due ore di tempo fra andata e ritorno dalla SdC a casa De Felice. Avrebbe lasciato il proprio automezzo incustodito tutto questo tempo solo per portare Natalino a casa di sconosciuti. Un rischio che non ci sembra si sarebbe accollato nessun assassino sano di mente. (Elaborazione grafica originale dell'Autore)

Per andare dalla SdC a casa De Felice l’assassino ci impiega circa un’ora, e poi deve ritornare. Quindi per mettere in salvo un bambino che neppure conosce rischia di venire catturato. Non è logico. Ma se pure fosse stato così pazzo da fare una cosa del genere, il comportamento del bambino apparirebbe ancora più assurdo poiché non si comprende per quale motivo non abbia parlato di costui né ai De Felice appena giunto a casa di costoro, né ai carabinieri che sono arrivati subito dopo, né a suo padre la notte successiva. Ricordiamoci che Stefano Mele dopo aver trascorso la notte con suo figlio, il mattino seguente accuserà Salvatore Vinci e la sera Francesco Vinci e Carmelo Cutrona. Se Natalino gli avesse detto chi era stato ad accompagnarlo egli avrebbe accusato con certezza matematica solo un soggetto e per sempre. Invece, successivamente, negli anni a venire, accuserà il fratello Giovanni e il cognato Pietrino, poi un fantomatico soggetto che nessuno conosce. 
(Elaborazione grafica originale dell'Autore)

Persuade una simile situazione? Può essere verosimile? Non mi pare affatto.

LA FRECCIA ACCESA
Mio fratello Fosco è dotato di una spiccata intelligenza per cui ho chiesto un parere su questo episodio. Mi ha fatto riflettere sulla questione della freccia, credo che abbia dato una spiegazione molto razionale. Lui non reputa che sia un gesto di umanità dell’assassino per permettere il recupero di Natalino. Né crede che sia stato un gesto non intenzionale dovuto alla fretta di andare via dato che si era accorto che c’era un bambino che dormiva in macchina. Secondo Fosco la freccia serviva all’assassino per dissuadere altre coppiette a immettersi nello sterrato. La macchina era infatti a cento metri dalla strada. Non si poteva vedere per cui se un’altra coppietta si fosse messa lungo lo sterrato sarebbero potuti arrivare fin quasi sulla SdC e sorprenderlo mentre era lì. Ma se avessero visto la freccia accesa avrebbero desistito di immettersi lungo la stradina. In effetti mi sembra un’ottima interpretazione. Tale gesto dimostra l'intelligenza, l'audacia e il perfetto sangue freddo di questo sofisticato assassino.

SVOLGIMENTO DEI FATTI
I due amanti prendono lo sterrato per appartarsi. Natalino dorme sul sedile posteriore. Arriva l’assassino e li uccide senza avvedersi del bambino poiché era sdraiato sul divanetto posteriore. Quando l’SI apre lo sportello posteriore lato passeggero si avvede finalmente di questo ragazzino. Rimane sorpreso. Non rappresenta un pericolo poiché dorme quindi non compie azioni violente su di lui. Per non svegliarlo non richiude lo sportello. Non potendo più rimanere sul posto decide di andarsene. Se Natalino si fosse svegliato al momento degli spari e avesse visto l’assassino altro che venire accompagnato dai De Felice. Probabilmente non sarebbe sopravvissuto.

sabato 13 settembre 2014

Delitto 1968: seconda parte - IL FIGLIO DELLA NOTTE – Capitolo primo



Questa è la storia misteriosa di un bambino ed un assassino.


PREMESSA

Un caso criminale, specie se lontano del tempo, deve essere affrontato con un ragionamento che deve usare tutti gli strumenti della logica: deduzione, induzione, inferenza, sillogismo, tertium non datur e così via. Per cui questo particolare episodio legato al primo delitto del Mostro di Firenze lo vorrei sottoporre oltre che ai cultori della materia soprattutto ai filosofi. Quindi esporrò un brevissimo resoconto di quanto accaduto. 


INTRODUZIONE POETICA MA NON TROPPO

È estate. È agosto. È notte. È buio. Non c’è la luna. Il cielo è coperto. La campagna è solitaria. Solo il canto dei grilli anima la notte. Anzi no… da qualche parte giungono dei gemiti… proviamo a cercarli, a individuarli. Provengono da quell’auto laggiù, proprio lì, lungo lo sterrato. Una Giulietta bianca. Ci avviciniamo lentamente. Non sono gemiti di dolore ma di piacere. È un mugugnare sommesso, un sussurrare affannoso che sgorga dall’atto amoroso fra un uomo e una donna. Proviamo a spiare, cautamente, quasi con pudore: lei è sul sedile del guidatore e si sporge verso di lui il quale invece è sdraiato sul sedile passeggero completamente reclinato. I suoi pantaloni sono sbottonati a metà, la cinghia slacciata. Hanno appena iniziato l’approccio erotico, il gioco della vita. All’improvviso però si ode uno scalpiccìo: presto vestirsi, presto vestirsi. Poi un rimbombo come di tuoni lontani, e lampi, lampi come di un temporale estivo, improvviso e passeggero. Cessa il canto dei grilli e cessa il lamento d’amore. 


I FATTI

Un bambino, Natalino Mele, di anni sei, bussa alle 2 di notte in casa De Felice dove sono svegli perché una delle figlie aveva sete e ha chiesto dell’acqua. Francesco, il padrone di casa, si affaccia dalla finestra. Vede solo questo fanciullo. Nessun altro. Nota che è scalzo. Il ragazzino dice “Aprimi la porta perché ho sonno, ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perché c'è la mi’ mamma e lo zio che sono morti in macchina.”
Casa De Felice

Francesco lo fa entrare. Pensa ad un incidente stradale. Chiama al piano superiore il vicino, Marcello Manetti. Insieme interrogano il bambino apparso nel buio. Egli ripete di essere certo che la mamma e lo zio sono morti ma non sa dire come ciò sia avvenuto poiché dormiva sul divanetto posteriore. Ad un certo punto si è svegliato, ha cercato di svegliare la mamma ma questa era immobile. Anche lo zio era immobile. Allora, preso dalla paura, così come era, cioè scalzo, è uscito dal finestrino posteriore sinistro e si è avventurato lungo il sentiero. Aveva paura e per darsi coraggio cantava fra sé la Tramontana, motivo allora in voga. A un certo punto vede la luce accesa in casa De Felice e si dirige verso di essa.

I due uomini che sentono il racconto decidono di chiamare i carabinieri. Essi, su indicazione del figlio della notte, riescono alla fine a trovare la Giulietta e constatano che effettivamente a bordo ci sono due morti, o meglio due assassinati dato che il loro decesso è dovuto a colpi d’arma da fuoco. La macchina presenta tutti gli sportelli chiusi tranne quello posteriore destro semiaperto, il finestrino del guidatore abbassato di pochi cm e, quello dal quale sarebbe fuggito Natalino, abbassato per metà. La freccia destra è accesa. Le ciabattine del bambino vengono ritrovate sotto il sedile del Lo Bianco.

 
Auto Lo Bianco sulla SdC (lo sportello indicato qui si vede tutto aperto poiché manipolato dai carabinieri) (Rielaborazione grafica dell'Autore)
 

La mattina del 22 viene ascoltato il padre del bambino, Stefano Mele, il quale dice che il giorno prima si era sentito male sul lavoro per cui era rientrato. Nel pomeriggio lo vanno a trovare Antonio Lo Bianco e Carmelo Cutrona, i quali lo trovano a letto. Il Lo Bianco quella sera uscirà con Barbara Locci, la moglie di Stefano, per recarsi al cinema. Stefano questo lo sa. Ma è abituato ai tradimenti della moglie per cui non reagisce. Stefano lancia sospetti su Cutrona e Francesco Vinci, storico amante di sua moglie. Aggiunge che è rimasto tutta la notte sveglio non vedendo rientrare Barbara e Natalino.

La sera Stefano e suo figlio vanno a casa.

Il giorno dopo, siamo al 23, Stefano accusa Salvatore Vinci di aver ucciso sua moglie. Sono sospetti, i suoi. Salvatore è il fratello di Francesco. Per qualche ragione Mele dirotta le accuse da Francesco a Salvatore. Costui però ha un alibi. Sentito dai carabinieri, Salvatore adombra sospetti sul fratello. Il Mele prende la palla al balzo e sostiene che Francesco avrebbe una pistola. Viene perquisita l’abitazione di Francesco ma non si trova nulla. Inoltre verrà effettuato la prova del guanto di paraffina su Stefano, su Cutrona e su Francesco. Quest’ultimo risulterà negativo mentre gli altri due risulteranno positivi.  

Il 24 pomeriggio Natalino viene accompagnato dal maresciallo Ferrero lungo il sentiero che porta dalla SdC a casa De Felice. Il bambino ricorda che lungo il cammino ci sono delle montagne. In effetti trovano degli ammassi di ghiaia che per un bambino potevano sembrare delle montagne. Il maresciallo però fa notare a Natalino che non è possibile fare quel percorso scalzo per cui lo ammonisce che se non dice la verità lo porterà quella notte stessa di nuovo sul sentiero ma questa volta scalzo. Davanti a questa prospettiva Natalino esclama che a portarlo dai de Felice è stato suo padre caricandoselo sulle spalle.

Sempre quel pomeriggio, Stefano continua ad accusare Francesco Vinci asserendo che è stato lui a portare il figlio sino a casa De Felice. Ma quando gli fanno notare che il Vinci è risultato negativo al guanto di paraffina e Natalino lo indica come colui che lo ha trasportato a cavalluccio dai De Felice, dapprima si sorprende delle parole del figlio, ma poi ammette che è più facile che credano al bambino che a lui, per cui capitola e si autoaccusa del duplice delitto. Ammette di aver ucciso i due amanti e di aver portato lui il figlio a casa De Felice

Fine della storia.

Stefano Mele verrà condannato a 14 anni di carcere quale autore unico del duplice delitto di Signa. Però, attenzione: Mele non sa guidare, non possiede neppure un motorino; non ha mai sparato in vita sua, eppure i due amanti sono stati uccisi con quattro colpi di pistola a testa tutti andati a bersaglio; la pistola non verrà mai ritrovata.



I CONTI QUALCHE VOLTA NON TORNANO

Mentre Stefano è in galera qualcosa accade in Toscana. Nel 1974 a Borgo san Lorenzo due ragazzi vengono trucidati a colpi di pistola e di coltello. Non si trova alcun colpevole. Nel giugno 1981 a Mosciano di Scandicci altri due ragazzi faranno la medesima fine, alla donna verrà estirpato il pube del quale non si troverà traccia. Nell’ottobre del medesimo anno a Calenzano viene aggredita un’altra coppia, l’assassino si ripete escidendo il pube della donna e portandolo via. Viene coniato per questo assassino il nomignolo di Mostro di Firenze. I suoi omicidi hanno chiaramente una componente di tipo sessuale e maniacale. Nel 1982 a Baccaiano di Montespertoli ulteriore aggressione a danno di una coppia. Un maresciallo dei carabinieri, tale Fiore, si ricorda del delitto di Signa e scrive al magistrato asserendo che in quell’occasione venne condannato il marito ma non fu trovata l’arma del delitto. Il magistrato segue il consiglio del carabiniere e fa riaprire il fascicolo del processo Mele, vengono trovati i bossoli che hanno ucciso la coppia Locci/Lo Bianco e si scopre che la pistola è la medesima.

Allora, Stefano Mele è il Mostro di Firenze? Impossibile dato che mentre costui era all’opera Mele era in carcere. Si finisce così direttamente nella pista sarda. Ma quello che a noi interessa sapere è cosa è accaduto sulla SdC di Signa nel 1968. In sostanza, chi ha veramente sparato quella sera ai due sfortunati amanti? Per capirlo occorre analizzare la situazione di Natalino poiché il bambino potrebbe avere visto il Mostro di Firenze.



RAGIONAMENTI CAPZIOSI E CAPRICCIOSI

Quando si fanno delle affermazioni bisogna poi vedere dove portano sia facendo un ragionamento a posteriore sia analizzandone le conseguenze. Vediamo tutte le implicazioni possibili di ogni singola tesi.

I punti di vista sono due: Natalino ha detto il vero nella sua prima dichiarazione, Natalino ha mentito fin da subito.


NATALINO DICE LA VERITA’

In questo primo caso il bambino non può darci alcuna indicazione sull’assassino poiché non lo ha mai visto.

NATALINO MENTE

In questo secondo caso egli conosce chi ha ucciso sua madre e ha cercato di coprirlo.



Personalmente io credo che la situazione reale sia la prima. Infatti, le parole di Natalino sono in armonia con ciò che si riscontra oggettivamente, ovvero: finestrino lato posteriore sn abbassato per metà; ciabattine in auto posizionato in modo che lui non poteva prenderle; suona al primo campanello in basso che è l’unico al quale possa arrivare solo salendo sul gradino e allungando la mano (esperimento fatto dai carabinieri il 24 agosto 1968 alle ore 17:45). Quel campanello corrispondeva proprio a quello dei De Felice. 
Le ciabattine di Natalino sotto il sedile del passeggero dove si trova disteso il cadavere di Lo Bianco
Le obiezioni sono che il bambino non avrebbe presentato alcuna ferita ai piedi tranne qualche graffio. Secondo i carabinieri non era possibile che il ragazzino non si facesse ulteriori lesioni. C’è però da dire che non è stata effettuata una visita medica che avrebbe potuto supportare tale modo di vedere; un medico avrebbe potuto evidenziare se ci fossero state abrasioni, lacerazioni o semplici soffusioni. L’esperimento venne fatto di giorno con Natalino che calzava regolarmente delle scarpe. I calzini potrebbero aver protetto la pelle del bambino il quale certamente avrà camminato tenendosi al centro del viottolo poiché anche se era notte i suoi occhi si saranno abituati al buio ed essendo di soli sei anni la sua vista doveva essere eccellente. La stradina per un buon tratto era percorribile anche in macchina. Almeno per 600 metri. Quindi non era disagevole. Il bambino durante l’esperimento fatto con il maresciallo Ferrero preavverte costui che non si potrà proseguire a piedi poiché avrebbero incontrato delle montagne. Infatti, dopo una curva, mucchi di ghiaia rendono il prosieguo in macchina difficile tanto che devono proseguire a piedi. Più oltre ci sono massi taglienti che servivano per compattare il manto stradale in costruzione. Tali massi però non sappiano se sono stati posti dopo il delitto dato che i lavori erano in corso. In ogni caso Natalino potrebbe averli evitati. La previsione di Natalino dei mucchi di ghiaia permette di escludere che possa aver fatto altro percorso.

Vediamo le ulteriori conseguenze sugli eventi a ritroso.

Se Natalino dice il vero non dobbiamo porci altri quesiti ai quali è difficile rispondere come vedremo fra poco, ovvero perché il bambino avrebbe dovuto proteggere l’anonimato dell’assassino di sua madre? perché costui dopo aver commesso un duplice omicidio pone il suo destino nelle mani di un fanciullo di sei anni che lascia tranquillamente alla mercé di perfetti estranei? e come mai fa quella strada a piedi portandosi il bambino sulle spalle per poi ripercorre a ritroso il cammino? Il maresciallo Ferrero, utilizzando per circa seicento metri l’auto e poi proseguendo a piedi, impiega 40 minuti a fare l’intero percorso. Di notte, l’assassino, ne avrebbe impiegato certamente di più. Quindi mentre costui ritorna sulla SdC a recuperare il proprio mezzo di locomozione rischia che l’allarme venga dato subito e che i carabinieri lo sorprendano mentre è ancora sul luogo del delitto o sta per allontanarsene.  
Fra la casa di Stefano Mele e la SdC ci sono 5 km che lui avrebbe fatto in bicicletta supponendo che sapesse dove i due amanti si andavano ad appartare. Fra la SdC e casa De Felice ci sono 2 km di strada in rifacimento che a piedi si percorrono in circa un'ora (di notte, qualcosa in più). L'assassino avrebbe dunque portato Natalino a cavalluccio facendo questo tragitto e poi sarebbe tornato indietro per recuperare il proprio mezzo di locomozione (bici? automobile? motocicletta?) rischiando così di venire sorpreso sul luogo del delitto da qualcuno allertato nel frattempo dal bambino.
Il racconto di Natalino sembra in perfetta armonia con i fatti. 

La prossima volta vedremo le cose dal punto di vista di Natalino che mente.