Se Natalino ha mentito
proteggendo l’assassino di sua madre lo possiamo ben definire un enfant
prodige. Difatti questo bambino non avrebbe rilevato il vero nome
dell’assassino né ai primi soccorritori, né a suo padre, né ai suoi parenti, né
ai carabinieri, né ai giudici, né agli insegnanti, né agli istitutori del
collegio dove poi è finito. A nessuno. Si è tenuto questo segreto per sé
vincendo le resistenze di tutti.
STEFANO MELE
Il padre di Natalino, abbiamo
detto, non può essere stato l’omicida della propria moglie e del suo amante
poiché la pistola con la quale avrebbe sparato ha continuato a mietere vittime
sino al 1985 uccidendo in tutto 16 persone. L’assassino non ha utilizzato solo
la medesima pistola ma anche gli stessi proiettili Winchester calibro. 22 L.R. prodotti prima del 1968. Per cui, se pure Stefano avesse ucciso gli amanti di
Signa resterebbe da spiegare come l’arma e le relative cartucce siano poi
passate ad un altro soggetto che guarda caso ha continuato a uccidere nelle
stesse modalità dell’omicida di Signa. Infatti, il delitto del 1968 è identico
agli altri commessi successivamente dal soggetto noto come Mostro di Firenze
con la differenza che non ci sono state mutilazioni e pugnalate post mortem. Ma
neppure nel 1982 e nel 1983 abbiamo la presenza di arma da punta e taglio.
Allora neanche questi delitti sono da attribuire al MdF? Si obietterà che in
questo caso l’assassino aveva delle buone ragioni per non utilizzare il
coltello: nel 1982 non ha fatto in tempo perché sono arrivati subito delle
persone, inoltre la macchina delle vittime era finita ai bordi di una strada
trafficata; nel 1983 le vittime erano due maschi di nessun interesse per lui.
Si sarebbe sbagliato scambiando uno dei due per una donna. E cosa ci impedisce
di pensare che nel 1968 non ci sia stata una ragione che lo ha fatto desistere?
Ricordiamoci come era la macchina al momento in cui è stata ritrovata dai
carabinieri.
Posizione di Natalino nella macchina al momento dell'assalto (Elaborazione grafica originale dell'Autore) |
Cosa possiamo dedure da questa
situazione? La cosa più probabile è che l’assassino dopo aver ucciso i due
amanti, con molta calma dopo aver manipolato la borsetta della donna, averla
spostata, averle strappato con violenza la catenina, si accingeva forse a fare
qualcosa sul cadavere di Lo Bianco che era sdraiato sul sedile del passeggero
completamente reclinato. Sotto questo sedile erano le ciabattine di Natalino
per cui il bambino non poteva arrivarci. Forse il bambino non sapeva neppure
che fossero lì. Quindi l’SI (il Soggetto Ignoto) apre lo sportello posteriore
sinistro per raggiungere meglio l’uomo. Può darsi che volesse rifilargli delle
pugnalate sul collo, per cui gli veniva comodo agire da quello sportello.
Oppure aveva altre intenzioni. In ogni caso ecco che come apre lo sportello con
suo sbigottimento si ritrova questo bambino che dorme sdraiato sul divanetto
posteriore con la testa rivolta verso di lui. A questo punto i piani dell’SI
cambiano del tutto. Uccidere bambini non è nelle sue corde, forse lo avrebbe
fatto se fosse stato sveglio per non lasciare un testimone. Ma questo bambino
dorme, non è un pericolo per lui. Allora, lascia tutto come sta e fugge via lasciando lo sportello aperto e la freccia accesa.
Adesso ragioniamo sulla
possibilità che Natalino abbia mentito e che qualcuno lo avrebbe accompagnato dai De
Felice.
NATALINO IL MENTITORE
Se accettiamo questa possibilità
ci troviamo di fronte a un ventaglio di scenari e non si sa davvero dove
cominciare. Vediamo chi potrebbe essere l’accompagnatore. Consideriamo tutte le
possibilità.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore) |
Un SE (soggetto estraneo)
Partiamo dall’ultima possibilità,
ovvero che l’accompagnatore fosse un soggetto del tutto estraneo all’omicidio,
ciò per non lasciare nulla di intentato. In questa ipotesi ovviamente non
capiamo perché un SE avrebbe dovuto trasportate Natalino lontano dalla SdC
raccomandandogli anche di stare zitto. In ogni caso dovremmo comunque capire se
costui avrebbe pure assistito all’omicidio oppure sarebbe giunto a cose fatte. Non
solo. Dovremmo anche stabilire se Natalino avrebbe o meno assistito
all’omicidio. Ci sembra che uno scenario del genere sia improponibile, nessuno
di fronte a un duplice omicidio del quale non è neppure coinvolto si
assumerebbe una tale responsabilità con il rischio di venire pure accusato di
esserne l’autore.
Un CI (complice ignoto)
Se accettiamo che un CI abbia
accompagnato il bambino, dobbiamo ipotizzare che l’omicidio era stato preparato
da almeno due individui, uno che uccide e l’altro che si occupa di Natalino.
Fare una simile supposizione però ci porta a ritroso per capire chi potevano
essere gli interessati e vedere la SdC finale alla luce di questa prospettiva.
L’ipotesi più probabile è che il complice potesse essere proprio Stefano Mele.
Vediamo i possibili scenari.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore) |
Questo primo scenario vedrebbe
come banda due o più persone, di conseguenza il delitto è premeditato. Si vuole
uccidere proprio questi due. La conseguenza è che tutti i coinvolti devono
procurarsi degli alibi. Ora, la polizia verificò gli alibi e l’unico che ne era
sprovvisto era Stefano Mele. Vediamo la posizione di Mele in qualità di
complice.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore) |
Come si vede le conseguenze a
ritroso ci inducono a pensare a un progetto criminale di almeno qualche giorno.
I cospiratori dunque si sarebbero organizzati per entrare in azione proprio
quella sera, ovvero sfruttando la prima occasione nella quale i due amanti si
sarebbero certamente appartati. Quello che non si comprende è perché avrebbero
agito nonostante la presenza di Natalino. Dobbiamo ipotizzare dunque che i congiurati
abbiamo progettato l’omicidio alla presenza del bambino già immaginando di
fargli una manipolazione del cervello nel giro di un’oretta, giusto il tempo di
portarlo dalla SdC a casa di perfetti sconosciuti. Quindi hanno progettato un
duplice omicidio prevedendo già di porre il loro destino nelle mani di un
fanciullo di sei anni. Tutto questo non
appare per nulla logico. Come possono gli assassini prevedere che la reazione
di un bambino di sei anni sarà perfettamente consona ai loro progetti? Chi mai
farebbe una cosa del genere? Qui stiamo parlando di ergastolo. E non penso che
nessuno al mondo, nel rischio di una tale prospettiva, farebbe una scommessa
del genere giocando le sue carte su una simile variabile.
CASUALITÀ E CAUSALITÀ
Ponendo questi attori sulla SdC vediamo
le conseguenze delle loro azioni. Dunque
dobbiamo ipotizzare che uno della banda ha impugnato la pistola sparando sulla
coppia incurante della presenza del bambino. Quest'ultimo ha assistito oppure no
all’omicidio della madre? In ogni caso osserviamo le mosse di costoro.
Mettiamoli nella condizione migliore, ovvero che Natalino non ha assistito
all’omicidio. Tuttavia la mamma è lì, morta. Questo lo vede. Come si svolge il
dialogo fra gli assassini e il bambino? Cosa gli dicono? Proviamo a immaginare.
Mettiamoci ancora una volta nella migliore condizione per loro e diciamo che
Natalino ha visto solo il padre. Natalino è nella macchina. Stefano lo fa
uscire, lo rassicura, gli parla. Ma quali parole magiche usa per calmare il
figlio? Mele ha un QI basso eppure riesce a essere persuasivo. Gli raccomanda
di dire di essere uscito dal finestrino. Gli fa vedere che è abbassato per metà.
Neanche tutto abbassato. Per metà. Come mai non gli suggerisce di dire di aver aperto lo
sportello che è la cosa più naturale da credersi? Oppure, non sarebbe stato meglio far trovare del tutto abbassato il finestrino per corroborare la bugia del bambino così da non porre dubbi negli investigatori? Non si sa. Poi non gli mette
le scarpe. Se lo carica sulle spalle per circa due chilometri. Si avventurano
nel bosco, nel buio. Gli raccomanda di dire ai primi soccorritori che lui è a
casa ammalato. A quanto pare questo bambino deve essere molto leggero, perché
due chilometri con un peso sulle spalle non è poca cosa. Il ragazzino non
sembra avere paura della notte, non pare preoccupato per la sorte della madre,
no, ascolta da buono scolaro la lezione paterna. Se la strada era accidentata e
Natalino non avrebbe potuta percorrerla a piedi nudi come mai il suo
accompagnatore lo fa agevolmente senza mai inciampare e ruzzolare con il
ragazzino per terra? Sta camminando in condizione precarie tutto sommato, con
un peso sulle spalle, concentrato a ripetere al ragazzino la storiella che
dovrà rifilare ai suoi soccorritori. Ma va tutto liscio. Non si capisce in
realtà dove lo stia portando. A casa De Felice si accende una luce e lui decide
che quella casa va bene. L’una vale l’altra. Lo lascia poche decine di metri
prima e lo fa avviare da solo. Natalino si comporta da perfetto scolaretto.
Certo il padre ha rischiato perché il ragazzino riesce a suonare il campanello
più in basso solo perché si mette sul gradino e a malapena ci riesce. Se tutto
questo vi sembra normale allora sono io che non sono normale perché per me
niente di tutto questo ha senso. Forse avrò una resistenza mentale molto forte
ma proprio non accetto una storia del genere. Mai un assassino si metterebbe
nelle mani di un bambino, mai un bambino proteggerebbe l’assassino di sua
madre.
Comunque, il finestrino
abbassato, la freccia accesa, lo sportello socchiuso sono stati architettati
dai congiurati. Hanno curato ogni minimo particolare. Soprattutto hanno
previsto che il bambino avrebbe tenuto il segreto per sempre. Certo Natalino
dirà che è stato il padre ad accompagnarlo quella sera. Ma Mele non sa neppure
come è fatta casa De Felice. Crede che sia una fattoria, una masseria, una casa
di campagna. È il giudice Rotella che lo annota nella sua sentenza. Quando nel
1985 lo portano sulla SdC e gli chiedono di rifare il percorso sbaglia tutte le
case, e quando si ritrova d fronte al caseggiato di De Felice non lo riconosce.
Eppure, osserva Rotella, la casa dal 1968 non è cambiata affatto. Inoltre,
sottolinea Rotella, non si spiega come mai Natalino nell’immediatezza del fatto
non abbia accusato il padre e due giorni dopo lo fa. Il dubbio del giudice è che
Natalino copre qualcun altro… l’assassino.
L’SI (IL SOGGETTO IGNOTO)
Quindi, il marito si accorda con
un altro soggetto per uccidere la moglie e il suo amante. Ma così ragionando
finiamo nelle ipotesi già prospettate dal giudice Rotella che indagò sulla
cosiddetta pista sarda. Il giudice si pone la domanda chi potesse essere il
correo di Stefano e perché costui avrebbe dovuto uccidere la moglie. Si
dovrebbe escludere quale complice di Stefano un altro amante di Barbara, ovvero
molto probabilmente uno dei fratelli Vinci, perché non sembra probabile che per
eliminare un amante Stefano si serva di un altro amante. Come dice Rotella in
questo caso il complice avrebbe avuto un interesse autonomo in conflitto con
quello di Stefano. Né pare probabile che un amante della moglie chieda proprio
al marito di eliminarla. E perché questi dovrebbe farlo? Perché dovrebbe
sopprimere la moglie per compiacere un suo amante? Che guadagno ne avrebbe lui?
Tuttavia, forziamo il ragionamento e consideriamo vera questa possibilità,
nasce un altro problema di non poco conto: gli assassini sapevano che Natalino
era a bordo della macchina oppure no? Se ipotizziamo Mele come complice certo
che lo sapevano. Se il piano è preordinato devono dunque aver già previsto la
presenza di Natalino. Tuttavia, se il complice è Stefano non si comprende
perché costui piuttosto che mandare il figlio con i due amanti non se lo sia
tenuto in casa evitando così uno scomodo testimone. Infatti, in questa ipotesi,
le parole di Natalino agli estranei erano funzionali all’alibi dello stesso
Mele. Ma se è stato un altro a sparare quale era il ruolo di Stefano sulla SdC?
Poteva essere solo quella di manipolare l’unico testimone, ovvero suo figlio.
Allora ritorniamo al punto di partenza, perché rischiare e non tenersi Natalino
in casa? La complicità del Mele sarebbe stata molto più produttiva ed efficace
se fosse rimasto in casa con il figlio. Ricordiamoci che fra i tanti sospettati
l’unico a non avere un alibi per le ore dell’omicidio è proprio Stefano. Ma
Stefano era a casa ammalato. Nell’ottica però di un suo coinvolgimento nell’omicidio
la malattia era un alibi precostituito. Però questo ha senso se vediamo il solo
Mele come assassino. Nella veste di complice quale ruolo avrebbe avuto sulla
SdC? Nessuno, se non quello di occuparsi del bambino. E ritorniamo al solito
punto, tale ruolo lo avrebbe svolto meglio restando a casa con il figlio.
Allora forse l’SI è un perfetto
sconosciuto che nulla a che vedere con Stefano Mele. Sarebbe stato costui a
portate Natalino dai De Felice. Ma in questa caso sia il comportamento dell’assassino
sia quello del bambino arrivano ai limiti dell’assurdo. Poniamo che uno
sconosciuto ammazzi i due amanti e poi si accorga del ragazzino. Senza nessuna
ragione apparente corre un bel rischio. Prende questo bimbo, se lo mette sulle
spalle e strada facendo lo convincerebbe a non parlare usando la lusinga e le
minacce. Ma parlare di che se il bambino neppure lo conosce? In ogni caso,
deposita Natalino e poi si riavventura nel sentiero del ritorno.
Per andare dalla SdC a casa De Felice l’assassino ci impiega circa un’ora, e poi deve ritornare. Quindi per
mettere in salvo un bambino che neppure conosce rischia di venire catturato.
Non è logico. Ma se pure fosse stato così pazzo da fare una cosa del genere, il
comportamento del bambino apparirebbe ancora più assurdo poiché non si
comprende per quale motivo non abbia parlato di costui né ai De Felice appena
giunto a casa di costoro, né ai carabinieri che sono arrivati subito dopo, né a suo padre la notte
successiva. Ricordiamoci che Stefano Mele dopo aver trascorso la notte con suo
figlio, il mattino seguente accuserà Salvatore Vinci e la sera Francesco Vinci e
Carmelo Cutrona. Se Natalino gli avesse detto chi era stato ad accompagnarlo egli
avrebbe accusato con certezza matematica solo un soggetto e per sempre. Invece,
successivamente, negli anni a venire, accuserà il fratello Giovanni e il
cognato Pietrino, poi un fantomatico soggetto che nessuno conosce.
(Elaborazione grafica originale dell'Autore) |
Persuade una simile situazione? Può
essere verosimile? Non mi pare affatto.
LA FRECCIA ACCESA
Mio fratello Fosco è dotato di
una spiccata intelligenza per cui ho chiesto un parere su questo episodio. Mi
ha fatto riflettere sulla questione della freccia, credo che abbia dato una spiegazione
molto razionale. Lui non reputa che sia un gesto di umanità dell’assassino per
permettere il recupero di Natalino. Né crede che sia stato un gesto non
intenzionale dovuto alla fretta di andare via dato che si era accorto che c’era
un bambino che dormiva in macchina. Secondo Fosco la freccia serviva all’assassino
per dissuadere altre coppiette a immettersi nello sterrato. La macchina era
infatti a cento metri dalla strada. Non si poteva vedere per cui se un’altra
coppietta si fosse messa lungo lo sterrato sarebbero potuti arrivare fin quasi
sulla SdC e sorprenderlo mentre era lì. Ma se avessero visto la freccia accesa
avrebbero desistito di immettersi lungo la stradina. In effetti mi sembra un’ottima
interpretazione. Tale gesto dimostra l'intelligenza, l'audacia e il perfetto sangue freddo di questo sofisticato assassino.
SVOLGIMENTO DEI FATTI
I due amanti prendono lo sterrato
per appartarsi. Natalino dorme sul sedile posteriore. Arriva l’assassino e li
uccide senza avvedersi del bambino poiché era sdraiato sul divanetto posteriore.
Quando l’SI apre lo sportello posteriore lato passeggero si avvede finalmente
di questo ragazzino. Rimane sorpreso. Non rappresenta un pericolo poiché
dorme quindi non compie azioni violente su di lui. Per non svegliarlo non
richiude lo sportello. Non potendo più rimanere sul posto decide di andarsene. Se
Natalino si fosse svegliato al momento degli spari e avesse visto l’assassino
altro che venire accompagnato dai De Felice. Probabilmente non sarebbe
sopravvissuto.
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RispondiEliminaNon avevo visto che l'articolo era vecchio, sorry.
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